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Perché il design speculativo è sbagliato

08.02.2013
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Per design speculativo, meglio conosciuto col temine inglese di spec work, si intende la pratica di chiedere una prova di design prima che il lavoro venga assegnato, oppure di unire a una proposta economica anche una proposta di elaborazione grafica del possibile lavoro.
A prima vista può sembrare una buona idea: dopo tutto, permette di mostrare la propria abilità. Andando appena più a fondo, saltano fuori i difetti; vediamone qualcuno:

1.Costa denaro a tutti.

Per rimanere in affari, ogni professionista o azienda deve, come minimo, ricoprire le spese, e questo è ovviamente valido anche per i designer. Se il design speculativo diventa parte del processo di vendita, le spese sostenute per esso devono essere recuperate, e quindi caricate sul prezzo del lavoro finito, se questo viene acquisito.
In realtà è peggio di così. Debbono essere recuperati i costi anche dei design speculativi che non sono andati a buon fine. Significa che se decidete di lavorare per agenzie che fanno design speculativo, state pagando anche i lavori non andati a buon fine. Questo, ovviamente, se l’agenzia in questione vuole rimanere aperta a lungo…

2.Nasce per vendere, non per consegnare.

Il design speculativo non nasce per consegnare al cliente la soluzione di cui ha effettivamente bisogno, piuttosto, serve a impressionare il cliente, a suscitare l’effetto wow nel cliente, quindi il destinatatrio non è l’utente finale del progetto, ma il cliente stesso.
Essere un buon designer significa incoraggiare il cliente a compiere scelte, spesso non facili; qualche volta c’è bisogno di contrastare i preconcetti del cliente, suggerendo soluzioni migliori per raggiungere gli obiettivi voluti.
Nel caso del design speculativo, non si possono prendere questi rischi, ma si mostrerà quallo che il cliente vuole vedere, rassicurandolo. Se alla fine il cliente adotterà quel design, potrà ritrovarsi con una soluzione che non soddisfa i suoi veri bisogni.

3.È uno speco.

Ancora peggio è prendere quello che si è realizzato preventivamente e buttarlo via. A me è capitato lavorando con aziende che usano questo espediente: a cosa è servito perdere ore e forze nel realizzare una proposta scartata subito all’avvio del progetto? Ovviamente il cliente finirà per pagare quello che è stato scartato.
Quando ciò accade, è perché la proposta non risponde alle esigenze, e questo perché la si è costruita senza le necessarie informazioni: questo ci porta al punto successivo.

4.Non è informato.

Per quanto siano buone le informazioni fornite per compilare la proposta, non sono mai complete, e il buon design ha bisogno di informazioni come dell’aria.
C’è bisogno di conoscere gli obiettivi di business, personalità del marchio, la concorrenza e molti altri fattori prima di prendere decisioni. Più di tutti, il design deve essere orientato verso l’esperienza dell’utente finale del prodotto, altrimenti si produrrà solo un soluzione superficiale al problema.

5.Non è collaborativo.

Alla fine, il design speculativo scarta da subito la natura collaborativa di ogni processo di design, che non è ricevere l’ispirazione e produrre il capolavoro. Il design non funziona così.
Si tratta di un processo di collarazione tra designer e cliente, dove il primo è esperto in estetica e usabilità, e il secondo conosce il proprio lavoro e il pubblico da raggiungere. Se il designer lavora isolato mancherà questa seconda parte.
Quindi usare il DS significa negare l’importanza di questo processo.

Alternative.

E allora? Come fanno i clienti a percepire l’abilità di un’agenzia? I portfolio servono anche a questo, e studiando un design che pare interessante per il lavoro da svolgere la migliore cosa è parlarne direttamente, magari anche col cliente per il quale è stato svolto il lavoro interessante.
In questo modo potrà avere informazioni di prima mano sul lavoro e su come il designer ha interagito, capito e risolto i problemi posti.


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